
Ci sono momenti in cui il corpo prende la parola. Non attraverso il dolore o l’affaticamento, ma tramite una spinta istintiva al movimento. Succede spesso durante le vacanze, quando ci si allontana dalla routine, dalle sedie dell’ufficio, dalle strade trafficate. Il tempo si dilata, l’ambiente cambia e ci si ritrova a camminare di più, magari senza accorgersene. Una passeggiata dopo cena, una salita verso un punto panoramico, un sentiero che parte proprio dietro l’albergo. L’attività fisica, che durante l’anno può sembrare un impegno da incastrare tra mille altri, torna ad essere qualcosa di naturale, persino piacevole.
Allenarsi in vacanza non significa portarsi dietro pesi, programmi o sensi di colpa. È, piuttosto, un modo per riappropriarsi del corpo. Per sentire di nuovo la sua presenza, il suo ritmo, il suo bisogno di ossigeno e spazio. E quando la vacanza si svolge in montagna, questa sensazione si amplifica. Il corpo non è più solo veicolo, ma compagno di viaggio, misura concreta di ogni passo e ogni respiro.
In estate, quando passo le ferie tra i monti, raggiungo spesso il mio massimo livello di attività fisica. Cammino quasi ogni giorno, tra sentieri a me familiari e nuovi percorsi da esplorare. L’altitudine e i dislivelli fanno il loro lavoro, ma è soprattutto la regolarità a fare la differenza: il movimento diventa abitudine quotidiana, come lavarsi il viso la mattina. E il corpo risponde. Migliora il tono muscolare, cresce la resistenza, cambia la qualità del riposo.
Peccato che, con il rientro in città, questa armonia si spezzi. La ripresa degli orari fissi, degli impegni e delle responsabilità rende più difficile mantenere quella costanza. Eppure non scompare del tutto: continuo a camminare regolarmente nei fine settimana, cercando itinerari che possano restituire almeno in parte quella connessione tra respiro, paesaggio e sforzo fisico. Non si tratta solo di restare in forma. Si tratta di non perdere il filo.
La montagna come luogo di allenamento e ascolto
Allenarsi in montagna non significa seguire un programma strutturato, ma mettersi in ascolto del territorio e di sé. I sentieri sono palestre naturali e ogni passo diventa un gesto funzionale: salite che rafforzano gambe e cuore, discese che richiedono attenzione e controllo, terreni irregolari che stimolano equilibrio e la capacità di percepire il corpo in movimento. Persino il respiro cambia: l’aria è più pulita, i polmoni si espandono, e la fatica si percepisce in modo diverso, più pieno, meno sterile.
Non è un caso se, fin dagli anni Sessanta, atleti e squadre professionistiche hanno scelto la montagna per prepararsi alle sfide più impegnative. Allenarsi in altura migliora infatti la capacità del corpo di utilizzare l’ossigeno, potenziando il metabolismo aerobico e favorendo la produzione di globuli rossi. Questo meccanismo di adattamento fisiologico, noto come eritropoiesi, consente ai muscoli di ricevere più ossigeno durante lo sforzo, aumentando la resistenza e migliorando le prestazioni.
Ma non è solo una questione di sangue. Anche il lavoro degli enzimi coinvolti nel trasporto dell’ossigeno viene ottimizzato: il corpo, in condizioni di minore pressione atmosferica, si adatta diventando più efficiente. È un processo lento ma profondo, che inizia già dopo pochi giorni sopra i 1500 metri. E basta il passo costante di una camminata per innescare questo cambiamento.
Non servono grandi strumenti. Bastano un paio di scarpe adatte e la voglia di camminare. Si può alternare la camminata veloce su sentieri battuti a tratti di salita più impegnativi, integrare brevi sessioni di esercizi a corpo libero in radure panoramiche, o semplicemente lasciarsi guidare dal desiderio di esplorare. Chi ha esperienza può spingersi oltre: trail running su sentieri tecnici, circuiti brevi ma intensi, dislivelli ripetuti. Ma il senso resta lo stesso: non performare, ma abitare il proprio corpo, con attenzione e rispetto.
L’aspetto forse più prezioso è che ogni allenamento all’aria aperta porta con sé anche un effetto collaterale benefico: la mente si alleggerisce. Il pensiero si fa più chiaro, la stanchezza mentale si attenua. In cammino, il corpo lavora e la mente si rigenera. È una sinergia sottile, ma potente. E non servono medaglie o traguardi per percepirne il valore.
Per chi vuole approfondire
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